#AU2016 Italia: adottare il BIM in uno studio di progettazione

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Eccomi infine a raccontare l’ultima sessione di Autodesk University, devo dire la più brillante.

Sì, perchè noi italiani ci sappiamo fare, e Chiara e Claudio sono stati davvero bravi, risollevandoci dalla stanchezza di tre giorni intensi, appassionanti ma faticosi.

Il tema è di grande attualità: l’adozione del BIM in uno studio di progettazione medio o piccolo.  Attenzione: medio o piccolo come lo intendono qui negli USA: sotto i 100 dipendenti…

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L’adozione del BIM rappresenta un costo, quindi all’inizio, si perdono dei soldi, dice schiettamente Chiara…

Non dirlo ad alta voce, che poi Autodesk ci sente, interviene Claudio, dobbiamo far capire che si tratta di un investimento e valutare la redditività nel tempo.

Sì, ma solo per cominciare bisogna acquisire il software, rinnovare i computer, formare le persone e scontare una perdita di produttività, insiste Chiara.

Certo, ma si tratta di un salto tecnologico molto importante, destinato nel tempo a restituire produttività e migliorare la qualità della progettazione, purchè venga adottato un piano corretto per l’adozione. E poi ormai è inevitabile, come sono finiti negli anni 90 quelli che non sono passati dal tecnigrafo al CAD?

 Insomma, avete capito, Chiara e Claudio hanno riprodotto polemiche che abbiamo sentito molte volte, per farci capire due prime cose importanti.

Da una parte che la scelta di adottare il BIM deve venire prima di tutto dall’alto, dai titolari, perchè comporta un investimento che può durare anni. Dall’altra che non ci si può improvvisare, occorre un piano preciso per l’adozione del BIM per evitare di finire nei guai e per minimizzare i costi.

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Bene, ma cosa deve contenere questo piano di adozione BIM? Prima di tutta una adeguata formazione di base e poi la realizzazione di un primo Progetto Pilota. Sintetizzato nell’immagine (un po’ estrema :-)) che vedete qui sopra, rappresenta il banco di prova, rivolto a definire il flusso di lavoro, gli standard aziendali, le librerie e così via. Insomma, declinare il BIM a proprio uso e consumo.

Per realizzare  il Progetto Pilota è necessario definire un team di lavoro adeguato, il Dream Team, cercando i più intraprendenti tra i collaboratori, ma anche acquisendo consulenze esterne, scelte con cura, e/o assumendo dei BIM Champion da fuori.

Tutto questo deve avvenire all’interno di una infrastruttura adeguata, che permetta di ricevere supporto, verificare gli stati di avanzamento, mantenere i piani adeguati rispetto agli obiettivi.

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Realizzato il Progetto Pilota, il BIM un poco alla volta va esteso all’intera struttura, facendo tesoro dell’esperienza acquisita, e se necessario rinforzandola ancora con consulenze esterne. Vanno definite le figure, da quella del BIM Manager al BIM Coordinator fino ai differenti BIM Specialist.

Naturalmente nascono i mille casi particolari delle figure professionali più specializzate, per le quali l’adozione del BIM è più complessa, oppure legata all’adozione completa del BIM nelle fasi precedenti, come avviene a chi si occupa dei computi metrici estimativi.

Ancora, occorre gestire i rapporti con i fornitori esterni, che vanno sempre più selezionati in base alle loro competenze BIM ed alla capacità di ricevere e fornire i dati nei nuovi formati.

Ed ecco che, un po’ alla volta, il nostro studio di progettazione comincia a vedere la luce.

Superato il Downtime, il periodo più difficile, la produttività ricomincia a salire, supera il Break Even molto più velocemente di quanto sarebbe possibile con gli strumenti CAD, fino al punto di non ritorno, quello in cui finalmente si comincia ad accelerare verso l’alto, verso mete altrimenti irraggiungibili…
Fino al prossimo cambiamento di paradigma 🙂
Ma questa è un’altra storia. 🙂

Puoi scaricare i materiali della presentazione di Claudio e Chiara qui.

Grazie Chiara e Claudio!
#AU2016
Giovanni Perego