Le potenzialità del BIM per le infrastrutture viarie: intervista a Davide Presta e Fabrizio D’Amico

Come promesso qui, eccomi a segnalarti un articolo molto interessante di Fabrizio D’Amico e Davide Presta del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli studi Roma Tre, pubblicato sull’ultimo numero della rivista EDI-CEM Strade&Autostrade, il 126 di novembre/dicembre 2017, e disponibile in forma sintetica anche online.

Penso che il tema affrontato sia molto importante e d’attualità, per almeno due motivi:

  • Da una parte le potenzialità del BIM sono state esplorate, finora, soprattutto in campo architettonico, mentre in quello infrastrutturale purtroppo siamo ancora agli inizi.
  • Dall’altra parte il recentissimo Decreto 560 del 2017, pubblicato quest’anno rende obbligatorio l’utilizzo del nuovo metodo BIM a partire dalle gare d’appalto di maggiori dimensioni, che sono spesso proprio quelle relative alle infrastrutture. Quindi saranno proprio i progettisti e le imprese di infrastrutture i primi a dover affrontare l’obbligo, insieme alle stazioni appaltanti.

Naturalmente ti invito caldamente a leggere l’articolo qui in forma sintetica, ma soprattutto nella sua forma completa cartacea, e per approfondire ho pensato utile intervistare direttamente gli autori, gli ingegneri Fabrizio D’Amico e Davide Presta, che molto gentilmente hanno accettato di rispondere alle mie domande…

Una prima applicazione della metodologia BIM nell’ambito di una esercitazione sulla progettazione
di una infrastruttura viaria nel Corso di Laurea in Ingegneria Civile dell’Università degli Studi Roma Tre

D. Ho letto nei giorni scorsi il vostro articolo sulla rivista EDI-CEM Strade&Autostrade numero 126 di dicembre 2017, davvero interessante, che descrive la vostra sperimentazione sulle potenzialità del BIM per le infrastrutture viarie. Per quali motivi avete deciso di intraprendere questa ricerca?

R. Nell’ambito delle attività didattiche e di ricerca condotte nella Sezione di Ingegneria Civile del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi Roma Tre, corso di “Progettazione Integrata delle Infrastrutture Viarie” si è avviata una ricerca sulle potenzialità del BIM, per valutare se la sua applicazione, che storicamente avviene negli ambiti architettonici, sia “esportabile” alla progettazione di infrastrutture lineari quali strade e ferrovie.
Più nel dettaglio si è trovata l’occasione per poter testare come si potesse impostare e sviluppare una progettazione “BIM oriented” che potesse emulare, ad esempio, i brillanti risultati già ottenuti nel campo delle strutture dalla comunità nazionale ed internazionale. Proprio in ambito internazionale, poi, si sono ritrovate delle applicazioni BIM anche nel campo delle infrastrutture di trasporto, esperienze che invece risultavano ancora mancanti relativamente al nostro paese e che hanno rappresentato una ulteriore spinta verso queste attività. Per queste principali ragioni si è intrapreso un percorso di ricerca volto ad esplorare gli effettivi vantaggi ed eventuali difficoltà di tale metodologia di approccio.

La modellazione del terreno

D. Ho notato con piacere che la ricerca vi ha portato a sostenere i numerosi vantaggi del BIM, anche (e forse soprattutto) nel campo infrastrutturale. Ma dall’altra parte siete consapevoli che è necessario superare molte resistenze: quale pensate sia l’ostacolo principale per i progettisti?

R. È fuori di dubbio, come tra l’altro spesso avviene, che le novità si portino dietro profili di incertezza che possono sfociare in una mancanza di fiducia dei risultati ottenibili, e tutto ciò è ancor di più vero se ci si trova di fronte ad una modifica radicale del sistema e dell’approccio progettuale. Abbandonare metodi tradizionali ormai consolidati, a fronte di un necessario investimento di conoscenza non è così semplice, ancor di più se si pensa alla limitata disponibilità di progetti infrastrutturali del nostro paese che determinano una forte competizione per l’aggiudicazione di appalti di progettazione che non lascia spazio a tentativi ed incertezze. Rischiare di non sentirsi sufficientemente competitivi in una gara di progettazione a causa della scelta di approcciare al progetto in maniera differente rispetto a quella tradizionale, è forse un prezzo troppo alto da pagare ai giorni nostri per gli addetti ai lavori. E quindi fin quando nessuno obbligherà ad adottare soluzioni innovative, si preferirà competere con le proprie consolidate modalità.
Inoltre, è sicuramente un dato di fatto che l’introduzione di un approccio BIM oriented agli occhi degli attuali progettisti sembri, in prima analisi, poter portare i principali benefici con particolare riferimento alla committenza, che potrà giovare dei vantaggi del BIM per meglio gestire e governare le diverse fasi progettuali e coinvolgere i diversi attori partecipanti al progetto, senza, apparentemente, mettere in luce gli eventuali sostegni che un processo del genere può fornire proprio a chi il progetto lo realizza.
Anche nell’articolo a cui ci stiamo riferendo abbiamo posto l’attenzione sulla tipica resistenza che generalmente si ha verso ogni innovazione, e l’utilizzo della metodologia BIM non sembra fare eccezione.
In riferimento all’immagine sotto riportata, a nostro parere, attualmente ci troviamo ancora nella fase in cui il BIM, in campo infrastrutturale, viene utilizzato solo da pochi “visionaries”, che vedono in questa metodologia il futuro, mentre, per convincere la stragrande maggioranza dei progettisti (“conservatives” e “skeptics”) ad effettuare questa transizione, crediamo ci siano ancora da compiere dei passi in avanti.

Nel tema oggetto delle nostre attenzioni i motivi principali di questa resistenza sono riconducibili, oltre agli aspetti precedentemente citati, anche al fatto che questo cambio di metodo non risiede solo nel sostituire o integrare gli strumenti da utilizzare, ma consiste in un radicale cambiamento di filosofia e mentalità con cui un progetto deve essere pensato fin dall’inizio. Una generica società di ingegneria, o qualsiasi studio di progettazione che non abbia seguito un adeguato percorso di implementazione di questo metodo e che non si sia adoperata a formare o ad assumere personale competente in materia, non riuscirà a cogliere tutti i vantaggi di questo processo e di conseguenza non potrà trasferirli al progetto ed al committente, incorrendo nei rischi prima citati. Se da un lato quindi esistono anche nel nostro paese società virtuose che hanno già intrapreso la nuova strada del BIM investendo in infrastrutture, formazione e ricerca, ed a tal proposito si può fare ad esempio riferimento ad ANAS, è pur vero però che anche la necessità di disponibilità di personale competente e/o formato alle nuove modalità è un aspetto che, come già anticipato, può sicuramente rappresentare un fondamentale ostacolo al cambiamento.

L’applicazione dell’ortofoto

D. Quale pensate possa essere il principale fattore di spinta oggi, per l’innovazione e l’adozione del BIM nella progettazione infrastrutturale?

La conoscenza e consapevolezza delle esperienze altrui che hanno portato, o porteranno a breve, a benefici in altre realtà o paesi può fungere sicuramente da volano per tutti coloro che intendono affrontare questa sfida, questo aggiornamento capace anche di supportare gli addetti ai lavori nell’affrontare progetti di sempre crescente complessità e quindi fornire maggiori possibilità lavorative.
Sicuramente poi, altra spinta può derivare dall’adozione da parte dei committenti di scelte politiche BIM oriented, che costringano i potenziali appaltatori progettisti a fornire i propri servizi esclusivamente tramite le nuove modalità con l’obbligo di abbandonare le ormai obsolete pratiche progettuali.
Inoltre il principale fattore di spinta può essere proprio rappresentato da tutti quegli obblighi di legge che, come in diverse parti del mondo e nel nostro paese rappresentano inizialmente una ghigliottina, e però con il passare del tempo si trasforma frequentemente in apprezzata e controllata quotidianità alla quale non si vorrà più rinunciare.
Infine, ma non che questo rappresenti un aspetto secondario, forse nell’immediato futuro una spinta importante potrà venire “dal basso” cioè da quei nuovi progettisti che, a differenza dei loro predecessori, hanno già cominciato a conoscere strumenti innovativi nelle aule universitarie o nei primi corsi di formazione seguiti e che quindi concorreranno ad un fondamentale incentivo verso l’adozione di sistemi già parzialmente conosciuti, sperimentati e probabilmente apprezzati.

La visualizzazione dell’inserimento dell’infrastruttura sul territorio

D. Il decreto 560, firmato alla fine dell’anno scorso introduce l’obbligo del BIM negli appalti pubblici a partire dal 1^ gennaio 2019 per gli importi superiori ai 100 milioni di Euro, per poi scendere progressivamente a zero entro il 2025. Visti gli importi, saranno proprio le infrastrutture le prime a dover affrontare l’obbligatorietà del BIM: cosa ne pensate?

R. Sicuramente le infrastrutture non potranno sottrarsi a questi obblighi e questo da un lato rappresenta un fattore positivo per lo sviluppo ed il consolidamento del nuovo sistema progettuale. Era comunque prevedibile, e forse anche auspicabile, l’adozione di una politica che pian piano coinvolgesse in un primo momento solamente i progetti più complessi per poi estendersi a tutte le realtà progettuali. C’è chi forse avrebbe preferito o immaginato il contrario: prima sperimentare su progetti di entità minore per poi ampliare l’applicazione anche ai più complessi, ma probabilmente in questa maniera non si sarebbero apprezzate le principali peculiarità di questo sistema che si manifestano ancor più palesemente laddove la complessità e la numerosità dei processi aumenta, a tal punto, a volte, da rendere complicata la gestione del progetto proprio dal gran numero degli attori e delle lavorazioni presenti. Testare ed apprezzare gli enormi vantaggi che l’adozione del BIM potrà portare nei grandi progetti, riteniamo che ne esalterà le caratteristiche e convincerà anche i più scettici verso l’avvicinamento a tale approccio e l’adozione nelle realtà progettuali minori, fino ad una completa applicazione del metodo a tutti i progetti infrastrutturali di ordine e grado. Questa più che una considerazione è un auspicio, con la speranza che si possano inoltre rispettare i tempi dettati dalla normativa di settore e quindi prevedere di arrivare, nel giro di una decina di anni, ad un sistema interamente controllato tramite processi BIM.

La visualizzazione dell’inserimento dell’infrastruttura sul territorio

D.  Un’altra novità degli ultimi giorni dell’anno scorso sta nell’annuncio dell’ingresso di ANAS nel gruppo Ferrovie dello Stato, affiancandosi così ad Italferr. Vi sembra una novità positiva?

Sicuramente la notizia con la quale si è chiuso il 2017 rappresenta una enorme novità che non troverà di certo applicazione solamente nell’ambito dello sviluppo del BIM. Stiamo parlando infatti di due tra le più importanti società del nostro paese che collaboreranno sempre a più stretto contatto e potranno programmare insieme le infrastrutture per gomma e ferro, con sinergie tecnologiche e con potenziali complessità di coordinamento. A tal proposito basti pensare ai benefici di integrazione tra le due società che potrebbero trovare una ulteriore applicazione nello sfruttamento delle conoscenze dei sistemi di segnalamento, sicuramente patrimonio storico della progettazione ferroviaria, per l’applicazione delle stesse nell’ambito della ormai globale sfida verso la guida autonoma dei veicoli sulle infrastrutture stradali. Il reciproco trasferimento tecnologico e di know-how potrà essere uno dei fattori principali per affrontare questa sfida nel miglior modo possibile.
Inoltre in questa fase iniziale di integrazione l’adozione di una politica comune anche nei confronti del BIM sarà fondamentale per poter attingere da tali strumenti per la semplificazione della compartecipazione nelle diverse attività e più in generale per la progettazione e manutenzione del patrimonio infrastrutturale del nostro paese. Se, come già citato, ANAS ha già dimostrato la volontà di adottare le più recenti tecnologie e modalità di lavoro, sicuramente è un buon punto di partenza per poter in poco tempo rappresentare, anche per le più piccole realtà imprenditoriali italiane, un modello a cui aspirare ed al quale riferirsi per una gestione integrata, efficace ed efficiente di problematiche complesse, estese e troppo spesso fino ad ora parzialmente irrisolte. La qualità del nostro sistema infrastrutturale ne potrà sicuramente beneficiare fin da subito, con la speranza che sia solamente l’inizio di un sempre crescente miglioramento per la gestione delle reti di trasporto.

La visualizzazione realistica

D. Infine ho notato che nella vostra ricerca avete scelto di utilizzare Autodesk InfraWorks ed AutoCAD Civil 3D, che sono spesso oggetto dei miei articoli sul Blog. Come vi sete trovati con questi software?

Ad oggi Autodesk, a nostro avviso, mette a disposizione una gamma di software in grado di coprire molto bene le necessità della progettazione infrastrutturale.
La nostra idea iniziale è stata quella di usare AutoCAD Civil 3D per “bimmizzare” un progetto già completato ma dopo un primo periodo, si è deciso di affiancarlo ad InfraWorks e di testare le potenzialità di questi due applicativi insieme. L’utilizzo di quest’ultimo software ha reso molto più veloce lo studio delle alternative di progetto nelle fasi preliminari ed immediato il loro inserimento nel contesto, ma allo stesso tempo, vista l’ampia gamma di formati che può ricevere come input, ha mostrato le sue peculiarità anche come piattaforma per l’unione di svariati modelli provenienti da software diversi.
Ad oggi stiamo approfondendo la sperimentazione integrando questi software con Revit attraverso Dynamo per cercare di sviluppare dei processi che siano in grado di arrivare, partendo da uno studio di fattibilità, fino al progetto esecutivo, evitando il più possibile la perdita di informazione e di sfruttare appieno l’unicità del dato che i modelli informativi possono assicurare. In questo, il computational design ha sicuramente un ruolo importante in quanto, se sfruttato bene, permette di automatizzare processi e operazioni ripetitive, dando la possibilità di esplorare diverse alternative con (relativamente) minori sforzi e restituendo un risultato finale qualitativamente migliore.

Bene, grazie mille Davide Presta e Fabrizio D’Amico, grazie alla rivista EDI-CEM Strade&Autostrade, che ha fornito anche le immagini, non ci resta che affrontare al più presto la messa in pratica di quanto avete sperimentato…

Se ti interessa puoi leggere in questo Blog altre interviste sul BIM:

Alla prossima!
Giovanni Perego